Via Skype arrivano prima il sorriso, poi quella luce vispa degli occhi e infine la voce, travolgente, energica, entusiasta: Ilaria Bertinelli, AD di Interconsul e food influencer, è una forza della Natura, connessa profondamente con la sua terra di origine, Parma, e con il mondo intero, attraverso quella lingua universale che è il cibo.

Ciao Ilaria, benvenuta! Ci racconti come sei diventata food influencer e perché?

Ciao a tutti e grazie!
Inizio precisando che la mia principale attività è legata a Interconsul, la società di servizi linguistici specializzati che ho rilevato nel 97 e di cui ora sono Amministratore Delegato.

Il mondo della cucina faceva già parte delle mie corde: sono nata a Parma da una famiglia di agricoltori e produttori di formaggio Parmigiano Reggiano e la mia tesi di laurea conseguita a Trieste in interpretazione simultanea in inglese e spagnolo, è stata sul prosciutto crudo.

Ho sempre considerato il cibo un fattore aggregante, un simbolo di convivialità per eccellenza, e ricordo con gioia quando si offrivano i pasti ai vari operai che venivano per la vendemmia o per l’aratura dei campi: io ero piccola, ma per quell’occasione potevo sedermi vicino ai “grandi” e, mangiando tutti insieme, ascoltare le loro storie.

Nel 2010, quando ormai avevo costruito la mia famiglia, accade un evento dirompente, di quelli che ti sconvolgono completamente la vita, anzi ne terminano una per catapultarti, tuo malgrado, in un’altra: a Gaia, la mia primogenita, vengono diagnosticati il diabete di tipo 1 e la Celiachia, due patologie molto ingombranti e che insieme hanno rappresentato un tornado a tutti i livelli, a partire dalla tavola.

Improvvisamente il cibo era diventato, a casa mia, motivo di esclusione, anziché di inclusione, ed è per questo che ho messo subito in atto una strategia condivisa con tutti i membri della famiglia, andando contro ai pareri di medici ed esperti: tutti avremmo mangiato ciò che avrebbe mangiato Gaia.

Ho svuotato scaffali e credenza di quello che per Gaia era diventato veleno e sono ripartita da zero, auto documentandomi come potevo, visto che non si trovava nulla sul web che mettesse insieme le nostre esigenze, e i cibi da acquistare in farmacia erano davvero immangiabili; ma un giorno, proprio in quella farmacia, leggo di un corso di cucina senza glutine e mi si apre un mondo!

Ricordo che il 17 giugno del 2010 sono arrivata a casa dopo essermi fermata a fare incetta di ingredienti specifici, dicendo: stasera si mangia!

Con i miei figli ho inventato un gioco, visto che ho iniziato a frequentare una media di due corsi al mese per capire cosa portare in tavola e dovevo sperimentare a casa i vari piatti: bimbi – ho detto loro – comincia un’avventura, la mamma studia per diventare il vostro chef e voi siete i giudici.

Il gioco ha dato i suoi frutti, abbiamo introdotto di nuovo la leggerezza e la serenità, fondamentali per affrontare un futuro diventato così difficile.

Ogni volta che ricevevo il giudizio positivo dei miei figli, catalogavo la ricetta con il calcolo dei carboidrati e la foto del piatto, così che quando mi sono presentata all’ospedale Meyer di Firenze con il mio dossier culinario, la diabetologa che seguiva Gaia è rimasta letteralmente di sasso.

Il libro Uno chef per Gaia è nato così, grazie all’intraprendenza della dottoressa che ha contattato una casa editrice e al desiderio di divulgare ad altre mamme quello che avevo scoperto.

Oggi siamo alla quinta ristampa e tutti i diritti d’autore sono stati donati all’Associazione Italiana Celiachia e al Coordinamento tra le Associazioni Italiane Giovani con Diabete.

A quello sono poi seguiti il blog, grazie agli amici Chiara Marando, giornalista, e Lorenzo Moreni, fotografo, i corsi in giro per il mondo, rivolti a tutti, con la stessa ricetta in versione con e senza glutine, il secondo libro, Food Blogger in viaggio, e oggi i corsi on line.

Ilaria, un tema molto sentito in questo periodo è quello relativo agli sprechi: com’è possibile evitarli in cucina?

Se programmi, eviti gli sprechi: visto che il benessere fisico passa attraverso il cibo, non vedo perché non si debba programmarne gli acquisti, formulando un planning settimanale per meglio conciliare anche la vita famigliare con quella lavorativa. Poi non dimentichiamo la nostra tradizione, quella contadina, che contiene tutte le strategie per non buttare nulla: il pane avanza? Si realizza una torta di pane, i canederli o una zuppa di cipolle! Gli scarti degli ortaggi, ben puliti, si usano per il brodo, mentre quelli dei tagli di carne si mettono in una minestra.

È sufficiente quindi programmare e pensare, e non si butta davvero nulla (o poco).

Il cibo come taumaturgo, purché lo si rispetti: quanto è importante mangiare cibi di stagione?

Direi fondamentale e per due motivi: per la nostra salute e per quella del nostro pianeta.

Il cibo deve essere innanzitutto locale, deve fare meno strada possibile, e deve essere di stagione, in modo che dia il meglio di sé.

Anziché cercare tra cibi esotici, impariamo a essere un po’ campanilisti: abbiamo la fortuna di avere una ricchezza smisurata anche solo nei nostri prati, con erbe spontanee che rappresentano qualcosa di unico e che dovremmo imparare a conoscere per cucinare.

Infine vorrei aggiungere una cosa molto importante: ciclicamente compaiono mode alimentari che cercano di imporsi come diete ideali, io sono invece convinta che dovremmo semplicemente seguire il buon senso e la moderazione per trovare la strada più breve per riappropriarci del concetto di benessere attraverso il cibo.

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